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Come si arriva a questo punto? Me lo sono chiesto spesso, come si diventa così? Quando ho una modifica in testa mi arrovello finchè non sono riuscito a metterla in pratica. Progetto, non dormo, penso come fare, cosa usare, come spendere poco dove trovare quel pezzo, come adattarcelo e, finchè non l’ho fatto non sto bene.
Non capita anche a voi di trovarvi all’una di notte seduti di fianco alla moto a pensare come accidenti fare quella modifica o chiedersi come starebbe quell’accessorio che abbiamo in testa? E magari di chiederlo alla moto e di trovarsi a fare delle forme di cartone per fare una prova per un nuovo parafango? A me capita ancora oggi che ho 40 anni, e tutta questa smania di modificare, personalizzare ed adattare non pare placarsi.
Probabilmente per scoprire cosa mi ha fatto diventare così bisogna andare indietro negli anni. Quando ero piccolo il mio gioco preferito erano il Lego (chi l’avrebbe mai detto eh?). Nella maggior parte dei casi le scatole di montaggio erano solo il punto di partenza del gioco comprato. Quando uscirono i Technics costruivo le scatole di montaggio fino al risultato finale poi cominciavo a dire “ma se lo facessi così starebbe meglio” Smontavo e modificavo fino a rivoltare quasi del tutto il risultato finale. E mio padre che non capiva e mi diceva “ma non ti piace così? Che ti arrovelli? Rimontalo, basta seguire le istruzioni”. Bah, le istruzioni, che assurda limitazione alla fantasia, al libero pensiero, meglio progettare, sperimentare ed inventare nuove soluzioni.
Il mio primo motorino fu un Malaguti 50 prestatomi da mia zia che, teoricamente, avrei dovuto restituire a 16 anni una volta preso il 125. Era di un colore atroce, un bianco-giallo cacca di gallina … inguardabile. E così, un bel giorno decisi di riverniciarlo … di rosso porpora … a PENNELLO!!
Quando lo vide mio padre avrebbe dovuto capire che non era solo un’uscita di testa, era un segnale inequivocabile del mio destino di modificatore … ma non capì e si disperò al solo pensiero della restituzione del motorino alla zia.
A 16 anni finalmente un bel giorno, tornato da scuola, trovai in cortile il mio sogno: l’Aprilia Red Rose 125 Nera ed Ocra, con la rosa sul serbatoio.
Con lei feci un sacco di km e ci andai persino alla notte delle lunghe forcelle ed alla Biker fest. Inutile dire che le mie prime vere “opere” di customizzazione li ho fatti su di lei.
A quel tempo io e il mio amico passavamo le serate in garage (il suo) a modificare vespe, motorini e tutto quello che aveva un motore. A dirla tutta il grande elaboratore era lui, io ho sempre disquisito sulle questioni estetiche più che sulla meccanica.
La prima cosa che feci è comprare le prolunghe delle forcelle per farla un po’ più chopper e poi feci un orrendo parafango posteriore in VTR con fanale integrato.
Quando ebbe 18 anni il mio amico meccanico trovò un CB 750 Four che iniziò ad elaborare facendolo diventare un 960 con teste cosworth ed iniziò a realizzare il suo chopper.
Capirete bene che, con una simile compagnia non potevo che seguire l’esempio. Infatti dopo qualche anno trovai un CB 500 Four ed iniziai a progettare il mio chopper che chiamai “Drago verde”. In quegli anni, con le moto in costante metamorfosi, si partiva al Sabato e si girava l’italia in moto cercando di tornasi a casa con le moto tutte intere. Lui con un chopperone viola, rigido lungo 3, 32 mt spigoloso, pieno di borchie e con una springer vertiginosa ed io con uno verde lungo 2,78 mt ammortizzato, tutto sinuoso, senza una punta e con una forcella che era una via di mezzo tra una springer e un’idraulica. Bella coppia eh?
Beh, in quel periodo ci fu il boom della moda custom e irruppe sul mercato l’honda con la shadow 600. Quello che era un duo si trasformò ben presto in un gruppone di quasi 30 moto che migrava da un raduno all’altro con moto di ogni tipo, Harley, Honda, Guzzi, Suzuki, ecc. Ma si sa, le mode passano e quelli che rimangono sono quelli che ci credevano già da prima e quelli che hanno scoperto una passione autentica e il gruppone, con gli anni, si è ridotto a 7 elementi. Noi 7 da quel momento in poi divenimmo inseparabili e ci chiamammo “Gli smarriti” per la nostra innata capacità di perderci per strada. Allora, poi, non avevamo i cellulari e se ci si perdeva era un casino ribeccarsi, più di una volta, tramite cabine telefoniche, abbiamo usato le mamme come “centro operativo” per beccarci da qualche parte. E poi quante volte ci si fermava da qualche parte a riparare le moto o a trovare soluzioni “originali” per arrivare a casa.
Capitò una volta che io persi i dadi che tenevano i collettori sui cilindri e smontammo una cassetta della posta per riattaccarli. Poi lasciammo in terra la cassetta con un bigliettino dentro con scritto “scusa ma ci servivano i bulloni, grazie mille”.
Oppure un altro, dalle parti di Pescara, uno prese alcuni pezzi del carburatore e fermammo il traffico per trovare tutti i pezzi per poi andare nell’officina di uno che riparava trattori che ci disse “io non la so riparare”, ci lasciò l’officina a disposizione ed andò a farsi un giro al bar (altri tempi, altra gente).
Poi in altri casi ci fu un cambio rotto, una coppa dell’olio spaccata, un corto circuito dell’alternatore, una corona limata fino all’esaurimento, un serbatoio crepato, ecc. Per ogni guasto ci sarebbe da raccontare una storia spettacolare.
Poi si cresce, si mette giudizio e si comincia a temere che succeda qualcosa di grave, la polizia iniziava ad essere più severa e decidemmo di omologare le nostre moto. Le portammo in un’officina che omologava moto artigianali e ci portammo a casa le nostre belle moto con i libretti di circolazione in regola, era il 2000 2 fu la prima cosa che pagai in Euro. Per un po’ le cose andarono per il meglio.
Anche se in quegli anni iniziai a girar meno perché misi su famiglia il gruppo rimase compatto e continuammo le nostre scorribande finchè un bel giorno mi trovai un’ordinanza di sequestro della moto. La ricevettero anche i miei amici e così, nell’inverno del 2005 ci trovammo tutti senza moto e scoprimmo che eravamo stati truffati ed i documenti erano tutt’altro che regolari.
Quello stesso anno Comprai la mia rima moto nuova, una Honda VT 750 C5 e, fino all’anno successivo, deluso dall’accaduto ed amareggiato per essere rimasto senza il mio amato Drago Verde, ero deciso a non modificarla neanche un pelo.
In quegli anni si ruppe qualcosa e gli smarriti, pian piano, si “smarrirono”. Qualcuno passò a moto di altro genere e preferì il giro domenicale sulle colline al viaggione lungo un weekend, altri abbandonarono proprio la moto finché, nel 2010, gli smarriti fecero l’ultimo viaggio assieme girando per tre giorni attraverso il nostro bel paese
Beh, sono andato fuori tema, tornando alle customizzazioni, mi ero convinto che non ne avrei più fatte quando, nel 2007, trovai, usate, un bel paio di marmitte MCJ (omologate) e mi dissi, beh, se sono omologate, si può fare e, mi dissi, monto solo quelle … non ci credevo neanche io.
Ecco dove si arriva, quando si è come me, è inutile convincersi, tentare di mentire a se stessi a agli altri, abbiamo bisogno di personalizzare tutto quello che ci passa dalle mani e non riusciamo a resistere. L’unica cosa della quale dobbiamo convincerci è che bisogna fare le cose cercando di mantenere il tutto nei limiti della legalità (e quando si personalizza la cosa si fa complicata).
Infatti l’anno dopo comprai un paio di bauletti della Motoimco e cominciai a pensare che mi sarebbe piaciuto un bel cruscotto con autoradio come quello dell’Electra Glide ma non mi piacevano quelli universali erano troppo spartani, con staffe a vista e niente cruscotto. Ero troppo pignolo, dovevo trovarne uno originale da adattare. Ecco fatto, una cosa tira l’altra, sono entrato nel tunnel e non ne uscirò finché non sarà finito tutto … finito … come se non sapessi che non esiste una fine, esiste solo la fine di una fase dell’evoluzione di una modifica. La personalizzazione è come la pioggia: potrà finire questo temporale e farsi secco e asciutto per un po’ ma, prima o poi, ne arriverà un altro.
L’anno dopo trovai un batwing da un’Elctra Glide incidentata e pensai che fanali e frecce omologati mi avrebbero evitato problemi. Poi mi dissi che i bauletti erano troppo tozzi e decisi di stingerli e di allungarli fino a fargli sfiorare le marmitte. Rimangono borse laterali e quindi, se rimangono all’interno della forma della moto, non dovrei avere problemi ma, così facendo, il parafango rimane più in alto dei bauletti …. nooo, non si può fare, bisogna rifare il parafango. Ma come fare per non avere problemi? La targa rimane nella posizione originale, il telaietto del parafango rimane quello originale ed anche la forma … solo più lungo. Basta .. finito … NO ci voglio mettere gli sportelli e le casse sopra, poi devo trovare delle frecce a led posteriori omologate e poi la verniciatura .. insomma non si finisce mai.
Questo, però non voleva essere una descrizione della mia moto, piuttosto la dimostrazione di come ci si trova in un vortice di modifiche che non vede fine solo perché la parola “Fine” vorrebbe dire porre fine alla fantasia, al libero pensiero.
Ricordate i lego? La vita è uguale, perché seguire le istruzioni e portare avanti un progetto di vita che altri hanno studiato per noi? L’avevo capito a 6 anni e avevo ragione: Bah, le istruzioni, che assurda limitazione alla fantasia, al libero pensiero, meglio progettare, sperimentare ed inventare nuove soluzioni